Opera di Maggie Taylor |
Sono nata
in un giorno ventoso di marzo, il vento fischiava tra gli alberi e la neve si
scioglieva in collina. Sono nata in un giorno fortunato di marzo e mentre mia
madre, aggrappata al braccio di una balia con i baffi, urlava al cielo, io
laceravo da dentro le sue viscere e spingevo verso il mondo.
Si racconta
che non piansi, né urlai ma sgranai gli occhi. E che mia madre pensava fossi
nata morta. Ma sono nata in un giorno fortunato di marzo e nacqui viva
strappando il ventre di mia madre.
Diedero
una festa per la mia nascita, un giorno libero agli inservienti e tagliarono la
gola ad un capretto, che deve aver maledetto questo scambio di vite, come se
per una nascita fosse necessaria una morte. La balia con i baffi riempì una
coppa di sangue e la diede a bere a mia madre. Quello stesso giorno un prete
affannato e un poco alticcio per i brindisi di festa mi battezzò Christine e
nemmeno allora piansi, sebbene l’acqua fosse fredda e il nome mi piacesse poco.
Mio
padre si era impomatato i baffi e mia sorella Loraine aveva tirato fuori dal
fondo del cassetto il nastro azzurro di seta che la mamma non le faceva mai
indossare e vi aveva avvolto i lunghi capelli biondi.
Fu
così che fu un giorno di festa per tutti, per la balia con i baffi che poté mettersi
addosso il grembiule più bello, per il prete che poté bere un bicchiere di più,
per mia madre che poté riposarsi tutto il giorno. E per me che passavo da un
braccio all’altro venendo ispezionata e controllata come si fa solo con le
grandi principesse venute al mondo per essere esibite.
Ma non
nacqui principessa anche se nacqui in un giorno fortunato di marzo. E il prete se ne tornò in canonica un po’
brillo, la balia si addormentò con il collo sprofondato nell’abbondante petto,
mia sorella ripose il suo nastro azzurro ripiegandolo con cura e mio padre
allentò i bottoni troppo stretti dei calzoni, mentre mia madre urlava al cielo
che io venissi finalmente al mondo in quel fortunato giorno di marzo. Ed io
venni al mondo ma non in un fortunato giorno di marzo, lacerando il petto di
mia madre mentre la balia cercava senza risultato di fermare il sangue che
aveva colorato di rosso le lenzuola di lino della nonna.
Strappai
la vita con un sogno.
Il
prete mi battezzò Christine mentre mi dava l’estrema unzione e nemmeno allora
piansi perché non nacqui per soffrire ma per vivere un attimo di sogno.
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