Cresce
quasi come un bisogno naturale, impellente da soddisfare: è la necessità di
esprimere la sensazione all’indomani dell’elezione del Presidente della
Repubblica. Ma a ben vedere non trovo chiarezza nel mio stato d’animo, che in
questo preciso momento storico della mia vita è un misto di speranza e
delusione, rabbia e progettualità.
Ancora
legata alle vicende tumultuose del governo, non riesco a staccarmene nella
prospettiva di cominciare a vivere molto presto a 22.000 km da qui.
La
questione resta sempre la stessa: il tuo paese resta tuo anche quando la
mattina ti svegli e non senti la sigletta di Uno mattina.
Il
teatrino pietoso visto ieri mi procura solo vergogna, vergogna per la manifesta
incapacità di prendere decisioni di cui l’intero mondo politico ha dato prova,
negli ultimi giorni e ieri. Non esiste giustificazione che possa distendere l’atmosfera
di sfiancamento dinanzi all’ennesima commediola trasmessa quasi a reti
unificate. Il buon cuore che avrebbe spinto questi uomini di buona volontà a
votarsi alla causa Italia non è nient’altro che un abitino stretto e mal
acconciato a cui si ricorre troppo spesso nel nostro paese per dissimulare le
cosiddette “pezze a colori”, quelle che servono a chiudere toppe sempre più
ampie.
Gli
accordi sottobanco sono sempre stati un segno distintivo del fare politica in
questo paese, in un modo o nell’altro. Questa volta nemmeno troppo sotto banco
considerata l’urgenza di dare una risposta a questi italiani esasperati da
botta e risposte da far girare la testa.
E all’improvviso
ai miei sforzi di capire le alleanze e le intese corrisponde inevitabilmente
una spaccatura nelle opinioni e nel popolo, che è l’esatto risultato comodo ai
piani alti.
Se la
gente non capisce e probabile che sarà anche più facile da convincere
utilizzando la carta del salvatore della patria che da 20 anni, osteggiato e
perseguitato, cerca di sollevare il paese. Ave salvatore della patria!
Cosa
c’entra questo con l’elezione del Presidente della Repubblica? Ha un
significato precisissimo: si tratta di manipolazione antidemocratica delle
cariche. Come in un gioco da tavola, si prendono accordi all’ultimo secondo
scartando la pedina debole stretta tra intese schiaccianti. Ma è anche vero che
la parola partito ormai non ha più un significato degno del suo nome al quale
probabilmente resta solo l’ingrato compito di designare un gruppo di persone
che ambiscono a fare squadra come nei campionati di calcio per poi sputarsi in
faccia negli spogliatoi. Allora quale alternativa possibile c’è a questa
baraonda di politicanti ridicoli che godono della loro abilità di sferrare
mosse inaspettate!?! Mi vergogno di queste banderuole che cambiano direzione
con il vento, senza sapersi irrigidire in una coerenza che farebbe bene a loro
stessi come a quello che chiamano partito. L’irrigidimento non sarebbe un
delitto all’ideale a questo punto. Non c’è
partito nell’incostanza di un programma che fa fatica a stare in piedi.
È sempre
la stessa storia, lo stesso gioco idiota per cui le cose esistono se hanno un
nome anche se non hanno una sostanza. Adesso abbiamo un presidente della
repubblica che è un riciclo, un governo che non esiste ancora e nessuna varietà
partitica. Ma il popolo è felice perché finalmente hanno preso una decisione,
ma che bravi!!, e adesso vanno lodati! Come il bambino che non fa mai i compiti
e quando li fa bisogna pure lodarlo!
Non siamo
abituati ad un regolare svolgimento dei nostri compiti e doveri. La novità,
diciamolo, spiazza ed esalta. Felicitazioni per il raggiunto traguardo!
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