Le serie televisive mi piace più
divorarle, spolparle, assaporarle con ingordigia che recensirle ma Misfits,
come poche altre di cui ho scritto, merita almeno un post. In realtà i post
saranno due perché in questo parlerò delle prime tre stagioni e alla fine della
quinta stagione parlerò delle altre due.
Piccola parentesi prima sul
perché Misfits. Di tutte le serie che ho visto ce ne sono sicuramente alcune
che mi hanno segnato più di questa, per citarne una Lost. Misfits mi era sempre
sfuggita. È stata fino a poco fa una di quelle serie che rimandavo per la
fretta di vederne altre. Ma adesso che ci sono impantanata dentro ne devo
assolutamente parlare.
Intanto iniziamo col dire che non
è una serie nuovissima. La prima stagione è datata 2009. Serie televisiva
brittanica, viene annoverata nel genere adolescenziale, teen drama. Io però
sono parecchio lontana dall’adolescenza e la sto adorando.
Protagonisti sono un gruppo di
ragazzi e ragazze che arrestati per crimini minori vengono condannati ai lavori
socialmente utili. Colpiti da un fulmine durante una tempesta scoprono di avere
dei poteri speciali che li renderanno protagonisti di rocambolesche situazioni
al limite del credibile.
Detta così non gli dà molto credito e, come capita
spesso, la definizione di genere svilisce un po’ l’originalità che una serie
può avere rispetto a tutte le altre serie di genere.
Misfits ha avuto recensioni molto
positive in Inghilterra e il Guardian, il Daily Telegraph nonché il Times ne
parlano come di una serie dalla forte personalità e fuori dalla retorica del
teppistello emarginato.
In effetti Misfits ha
un’originalità tutta sua che risiede proprio nell’idea di esportare il tema dei
supereroi con poteri speciali nell’ambientazione urbana contemporanea a tutto
vantaggio della sua appetibilità. C’è, chi come me, non ha un amore particolare
per i vari Marvel, che diciamocela tutta, bisogna amare per non annoiarsi delle
prevedibili evoluzioni delle vicende. Misfits invece non annoia affatto perché
parla a tutti, lascia i mutandoni e i mantelli in cantina e intrattiene senza
scivolare nella retorica.
Dietro una leggerezza che pure la
contraddistingue, allontanandola da serie più strutturate, questa produzione
britannica rivela però anche la volontà di ritrarre le personalità, bene
definite, e le piccole storie personali di quelli che potrebbero essere ragazzi
qualunque in una città britannica qualunque. È dunque una serie narrativa a
tutto tondo capace di mescolare una fantasiosa interpretazione del supereroismo
allo story telling più classico.
L’unica cosa che ha in parte
penalizzato la serie è stato il progressivo e costante disperdersi dei
personaggi a causa di scelte collaterali durante queste prime tre stagioni.
Nathan, uno dei personaggi più amati, scompare nella terza stagione con una
trovata registica nell’ultimo episodio della seconda. E così avverrà per Simon
e Alisha. Per una serie che gioca tutta la sua forza sui personaggi è un punto
di discredito sebbene probabilmente i cambiamenti in corso siano stati dettati
da esigenze personali degli attori. Nonostante ciò, la serie merita comunque di
essere vista.
A infiocchettare l’originalità
della produzione sono le musiche che attingono soprattutto dal rock del passato
e del presente. Solo per il fatto di aver inserito i Velvet Underground e i
Doors, i registi meritano una stelletta speciale.
Piccola curiosità in merito ai
personaggi:
L’attrice che interpreta Kelly,
Lauren Socha, è comparsa nel video degli Arctic Monkeys “When the sun goes down”.
Lauren Socha |
Se guardando Simon, il timido e
impacciato personaggio interpretato da Iwan Rheon, vi sembrerà familiare, sappiate
che è proprio lui, sì, Ramsay Snow, figlio illegittimo di Roose Bolton nella
terza stagione de Il trono di spade. È lui il sadico, folle che tortura Theon.
Lo sguardo da psicopatico è lo stesso!
Iwan Rheon |
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